Valentina Piscitelli e i suoi gioielli della gioia
INCONTRI PREZIOSI E ARCHITETTURE DA INDOSSARE
intervista a cura di Donatella Briganti
Quando i gioielli diventano “costruttori di immagine” fatti di arte e sperimentazione, Valentina Piscitelli c’è.
Donna colta, professionista vera, ha preso l’architettura e ne ha fatto anche gioia, comunicazione, condivisione, interazione, convivialità.
E partendo proprio da quest’ultima la Piscitelli, architetta e giornalista, ha creato i suoi pezzi unici, esposti dal 9 all’11 ottobre 2023, nell’ambito della ROMA JEWELRY WEEK grazie all’iniziativa “Incontri preziosi e architetture da indossare”, organizzata in collaborazione con il Municipio VIII e curata dalla Presidente dell’Associazione Multidisciplinare AREA M Arte Architettura APS arch. Iunior, Luisa Mutti.
È così che nella Capitale, in Via Giuseppe Candeo 18, questi gioielli sono finalmente venuti fuori dal cassetto in cui sono stati gelosamente custoditi per anni.
Com’è nata l’idea di crearli?
“Dalla mia voglia di sperimentare e trasmettere la gioia della convivialità”, racconta Valentina Piscitelli.
“Una delle due serie è dedicata allo champagne anche come momento di aggregazione sociale. Il primo gioiello è nato dopo aver bevuto ‘La Veuve Clicquot’. Mi piaceva l’immagine della capsula che raffigurava la vedova, sembrava un cammeo. L’ho visto come un richiamo ai gioielli dell’800, così ho messo tre capsule-cammeo una dopo l’altra e ne ho fatto un pendente inserito in una collana. Un po’ come per quello che era il mosaico con lo smalto su rame dove venivano riprodotte le immagini delle donne di una certa epoca. Ho voluto giocare, in chiave ironica, sulla riproposizione di un gioiello classico ma in chiave contemporanea; gioiello che per questo chiamerei proprio classico-contemporaneo”.
I pezzi della serie delle capsule sono tre. Ci ha raccontato del primo, cosa può dirci degli altri due?
“Il secondo nasce da un momento di festa, in cui sono stata ispirata dal disegno della capsula, bianca e nera, molto elegante, anche questa trasformata in pendolo di una collana.
Il terzo, invece, è il ricordo di una cena di beneficenza organizzata per la città di Lula a cui sono stata invitata e in cui si beveva solo Cristal. Lula però rifiutò questo dono. A me sembrava incredibile che si bevesse solo uno Champagne così costoso e mi è venuta l’idea di prendere tre capsule per trasformarle in un bracciale. Il gioiello forse più riuscito.
Io dico sempre che sono tre pezzi facili, che si inseriscono benissimo nel nostro tempo, in cui la donna deve poter indossare senza sentirsi costretta. Da architetta posso confermare, tra l’altro, che le cose più riuscite sono anche le cose più pratiche”.
Tutta la serie realizzata con le capsule ha visto la collaborazione di Valentina Piscitelli con l’artigiano Ivano Langella, che ha la sua bottega a Trastevere.
Un’altra serie, molto diversa da quella delle capsule, ha una storia un po’ diversa ma non meno originale. Un pezzo unico: un bracciale bianco e con finiture in argento satinato.
“È nato da un mio viaggio di lavoro in Campania, presso lo stabilimento di un materiale, il corian, utilizzato generalmente per la realizzazione di cucine e bagni. Vedevamo come si lavorava questo materiale e noi ne lavoravamo plasticamente a mano gli scarti. Io da quegli scarti ho realizzato un bracciale che ho chiamato ‘Colosseo’ perché ha tre giri di anelli sovrapposti come il Colosseo ha tre serie di archi; inoltre, come l’Anfiteatro è interrotto dal crollo del muraglione, anche questo bracciale ha due interruzioni sulle quali ho chiesto a Claudio Franchi, famoso argentiere romano, di inserire due capsule rendendo prezioso questo terminale. È una sperimentazione anche questa, data dall’accostamento insolito di qualcosa di storico come l’argento con il corian che è un materiale plastico”.
Come si collegano, in questo caso, gioielli e architettura?
“L’ambizione dell’architetto è sempre quella di pro-iettare, cioè guardare sempre avanti e capire se un materiale nuovo e plastico può diventare anche prezioso. Un materiale proprio come il corian, per esempio, nato per l’arredamento, mi sembrava perfetto per questa proiezione.
Questo è un gioiello più importante e fragile. Ha raccolto molti consensi e ne sono felice.
Come diceva Nietsche, non si è dato mai il caso di una donna che abbia preso un raffreddore con un vestito scollato di un grande sarto. E questo vale anche per un gioiello prezioso. Le donne, insomma, a volte sacrificano un po’ di questa ambizione alla modernità quando vogliono sentirsi più belle”.
Si definisce lei stessa, come i suoi gioielli, “classica-contemporanea”. Sarà anche per questo che le sue creazioni non hanno tempo. E in alcuni casi esistono anche da molto, di tempo.
“Il bracciale realizzato con le capsule è quello che ho tenuto per più tempo nel cassetto. Saranno circa 18 anni. Mi occupo di comunicazione strategica, non sono una designer di gioielli ma ho deciso di tirar fuori queste creazioni quando Luisa Mutti mi ha chiesto se conoscessi designer di gioielli. A quel punto mi sono proposta e lei ha accettato con molta sorpresa. Ok, mi son detta, è arrivato il momento di dare dignità di esistere ai miei gioielli, in fondo sono frutto di un percorso creativo, per me stimolante al pari di altri progetti che faccio. Per un architetto ogni progetto è un po’ un figlio e questo sono questi pezzi unici per me. Sono felice che abbiano avuto una giusta collocazione in questo spazio espositivo”.
Che effetto fa vederli finalmente esposti?
“Mi sono chiesta subito che riscontro avrebbero avuto, il giudizio di chi guarda restituisce a me qualche elemento di riflessione, anche se sono solo espressione della mia ricerca, sempre nell’ambito della comunicazione, della condivisione, della festa. Invece che le per me tristi e polverose date scritte sui tappi di sughero delle bottiglie, ho pensato che la capsula potesse meglio rispondere al tema della memoria ed essere addirittura essere indossata, dove indossare è far corrispondere un sentire proprio a uno stile.
Questi oggetti si collocano nella sfera del superfluo, è vero, ma si sa, ci sono delle cose superflue che però sono necessarie e indispensabili…come il sentirsi bella per una donna. Anche alla sola vista di una cosa bella ci si può rianimare, un po’ come faceva Audrey Hepburn in ‘Colazione da Tiffany’”.
C’è un fil rouge che accomuna tutti i Suoi gioielli?
“La mia ricerca personale e il mio concetto di comunicazione rimandano sempre ad un progetto di vita che contempli la gioia: questi gioielli vogliono comunicare la gioia di stare al mondo”.
È una ricerca che continua?
“Come in tutte le menti creative, il processo non si arresta con il tempo, è qualcosa che scava dal passato e si proietta nel futuro”.
Quindi ci sono altri progetti simili in vista?
Chissà, chissà! Io non governo il processo creativo, è lui che si insinua in me. E io gli lascio tutto lo spazio necessario per perché si possa esprimere. Adesso ho aperto un cassetto e ne sono usciti fuori questi miei gioielli. Domani magari ne aprirò un altro, vedremo cosa ne verrà fuori”.
Roma, 10.10.2023